Storia Antica:dal Mito alla Storia

 

 Promontorio del Circeo, Grotta delle capre, Terracina


Il regno di Circe

Il nostro itinerario ha inizio nella leggendaria terra della Maga Circe.

Al Circeo, fin dal tempo del poeta Esiodo (VII sec. a. C.), furono ubicate la sede e la vicenda della Maga Circe, narrata da Omero nell’Odissea.

In questo luogo Ulisse trascorse quasi un anno intero soggiogato dalle malìe di Circe.

Abitata sin dalla preistoria, come dimostra il cranio dell’uomo di Neanderthal rinvenuto nella grotta Guattari all’inizio del 1900, l’antica Circeii si sviluppò sotto il dominio romano a partire dal 393 a.C., anno in cui fu completata la riconquista delle Paludi Pontine.

Sempre in questo periodo venne costruita la formidabile cinta poligonale dell’Acropoli sullo sperone roccioso che domina il paese, collegata alla cinta muraria sottostante (di epoca probabilmente Volsca) del centro storico con un muro continuo di difesa


Erba Moly

 

Tra le piante che la tradizione attribuisce alla misteriosa “erba moly” almeno tre sono quelle che certamente vivono al Circeo:

 

Ruta graveolens         rutacee                                    Ruta

Atriplex halimus        chenopodiacee            Alimo

Urginea maritima      Liliacee                                   Scilla marina

 

La Ruta si trova sopra il promontorio del Circeo nella parte sommitale.

L’Atriplex si trova lungo le sponde dei laghi salmastri ai piedi del Circeo.

La Scilla marina si trova coltivata sull’Isola di Zannone e sul promontorio del Circeo; non è accertato, ma nemmeno escluso, se la pianta è specie spontanea al Circeo.

 

“Ecco, và nelle case di Circe con questo benefico farmaco,

che giorno mortale può allontanare dal tuo capo.

Ti svelerò tutte le astuzie funeste di Circe.

Farà per te una bevanda, getterà nel cibo veleni,

ma neppure così ti potrà stregare: lo impedirà

il benefico farmaco che ti darò, e ti svelerò ogni cosa.”

Dopo avergli spiegato come avrebbe dovuto comportarsi,

“…mi porse il farmaco, dalla terra strappandolo e me ne mostrò la natura.

Nero era nella radice ed il fiore simile al latte.

Gli dei lo chiamano moly e per gli uomini mortali

È duro strapparlo: gli dei però possono tutto.”

 

 

Ruta graveolens         rutacee                                    Ruta

Un gruppo di botanici sostiene che l’erba moly è la ruta, basandosi su quanto scriveva Dioscoride Pedanio: “Quella pianta viene chiamata ruta montana e anche, in Cappadocia e Galazia, moly. Altri la chiamano harmala, i Siri besasa, i Cappadoci moly”. Non erano notizie di seconda mano, perché Dioscoride proveniva proprio da quella zona. “Dunque moly è parola cappadoce” scrive Hugo Rabner. “E v’è di più: la ruta montana significata con questo nome è per i Saqi persiani abitanti in Cappadocia il surrogato dello hom che avevano in patria e che era anch’esso un’erba magica, come ci riferirà più tardi Plutarco, il quale continua a chiamarla moly.” Nella lingua siria di Galeno, che attinge da Dioscoride, basaso. Secondo Dioscoride la ruta montana ha radice nera e fiori bianchi, e pertanto corrisponde perfettamente all’erba di cui parla Omero. In una interpolazione che si legge nello Pseudo Apuleio ed è tratta da Dioscoride, si dice: “Dai Cappadoci essa viene detta moly, da altri armala, dagli Sri besasa”. E perfino nel VI secolo dopo Cristo il cosidetto Dioscoride Longobardo riferisce: “ Un’altra specie di ruta alligna in Macedonia e nella Galazia dell’Asia Minore, e gli abitanti la denominano moly. La sua radice consiste in una radice maestra da cui si dipartono molte radici minori e che butta un fiore bianco”.

 

Arbusto cespuglioso, verde-grigio, con le foglie dall’odore intenso. I fiori (15-20mm) hanno petali largamente patenti, di solito dentati. Foglie molto divise in segmenti ovali. Velenosa; introdotta nell’Europa Centrale dal Sud. Fioritura Maggio – Luglio

 

Atriplex halimus        chenopodiacee            Alimo

Il genere Atriplex comprende circa 130 specie, distribuite su tutta la terra.

Tra le chenopodiacee si annoverano per esempio: la Barbabietola, la Bieta, lo Spinacio

 

Urginea maritima      Liliacee                                   Scilla marina

E’ di Teofrasto l’attribuzione di una pianta che cresce sul monte greco Cillene e presso il fiume Peneo, nei luoghi tradizionalmente consacrati al culto di Ermes. La sua radice sarebbe a forma di cipolla e le foglie simili a quelle della scilla marina.


Il Circeo

  

Omero

Odissea, libro X

 

E all’isola Eèa venimmo; qui stava

Circe riccioli belli, terribile dea dalla parola umana,

sorella germana d’Eèta dal cuore crudele;

entrambi son nati dal Sole, che illumina gli uomini,

e madre fu Perse, la figlia d’Oceano.

Qui con la nave ci avvicinammo alla punta, in silenzio,

fin dentro il porto riposo di navi; un dio ci guidava.

         Poi, sbarcati, due giorni e due notti

giacemmo, mangiandoci il cuore di stanchezza e di pena.

Ma quando il terzo giorno portò l’Aurora bei riccioli,

allora io la mia lancia prendendo e il coltello affilato,

rapidamente, lasciata la nave, salivo in vedetta,

se opere mai di mortali vedessi o sentissi la voce.

E su una cima rocciosa m’inerpicavo a esplorare:

e mi apparve del fumo su dalla terra ampie strade,

in casa di Circe, tra i folti querceti e la macchia.

Fui incerto allora nell’animo e in cuore,

se andare a informarmi, dopo che vidi il fumo rossastro.

Ma, pensando, così mi parve che fosse più utile,

prima tornare all’agile nave e alla spiaggia del mare,

la cena dare ai compagni e poi mandarli a esplorare.

 

 

Ma come, figlia di luce, apparve l’Aurora dita rosate, allora io, fatta adunanza, parlai in mezzo a tutti:

« Sentite le mie parole, benché angosciati, compagni:

o            cari, qui non sappiamo dov’è la tenebra e dove l’aurora,

o            dove il Sole, che gli uomini illumina, cala sotto la terra,

o            dove risale; cerchiamo dunque al più presto

se c’è ancora un mezzo; ma io credo di no.

Vidi, in fatti, salito su una cima rocciosa,

l’isola, che intorno il mare infinito corona.

È un’isola bassa: un fumo nel centro

Allora in due gruppi tutti i compagni forti schinieri

divisi, e diedi un capo a ciascuno dei gruppi;

degli uni io avevo il comando, degli altri Euriloco simile a un dio. Le sorti in un casco di bronzo scuotemmo rapidamente,

e balzò fuori la sorte del magnanimo Euriloco. Si mosse, dunque, e con lui ventidue compagni piangenti; e noi singhiozzanti si lasciarono dietro. Trovarono in un vallone la casa di Circe, fatta di pietre lisce, in posizione scoperta. E intorno c’erano lupi montani e leoni,

che lei stregò, dando farmachi tristi.

 

Si fermarono nell’atrio della dea trecce belle,

e Circe dentro cantare con bella voce sentivano, tela tessendo grande e immortale, come sono i lavori delle dee, sottili e splendenti e graziosi.

 

 

Virgilio

 

Eneide, Libro settimo

   Indi, già fatto il mar tranquillo e queto,

spiegàr le vele a’ venti e i venti al corso

eran secondi; e ‘n sul calar del sole,

la luna che sorgea, lucente e piena,

chiare l’onde facea tremule e crespe.

Uscir del porto: e pria rasero i, liti

ove Circe del Sol la ricca figlia

gode felice, e mai sempre cantando

soavemente al periglioso varco

de le sue selve i peregrini invita;

e de la reggia, ove tessendo stassi

le ricche tele, con l’arguto suono

che fan le spole e i pettini e i telari,

e co’ fuochi de’ cedri e de’ ginepri

porge lunge la notte indicio e lume.

   Quinci là verso il dì, lontano udissi

ruggir leoni, urlar lupi, adirarsi,

e fremire e grugnire orsi e cignali,

ch’eran uomini in prima: e ‘n queste forme

da lei con erbe e con malìe cangiati

giacean di ferri e di ferrate sbarre

ne le sue stalle incatenati e chiusi;

e perchè ciò non avvenisse ai Teucri

che buoni erano e pii, da cotal porto

e da spiaggia si ria Nettuno stesso

spinse i lor legni, e diè lor vento e fuga,

tal che fuor d’ogni rischio gli condusse.

Strabone

 

Dal libro V° della "Geografia"

 

" A 290 stadi da Antium c'è il monte Circeo, che sorge come un'isola sul mare e sulle paludi. Dicono che sia anche ricco di erbe, adattandolo così a quanto si racconta di Circe. Vi è un piccolo insediamento, un santuario di Circe e un altare di Atena; viene anche mostrata una tazza che, a quanto dicono, sarebbe appartenuta ad Odisseo..."