Onorato Caetani, XII duca di Sermoneta, colto e raffinato , volle così continuare il lavoro di risanamento dell’economia familiare iniziato da suo padre Michelangelo, ottimo amministratore, e anche lui uomo di vasta cultura.
Ada aveva un forte spirito manageriale. Ed era bella, e di grande fascino.
<Nel 1877 – ricorda Lauro - Onorato fece costruire la Palazzina Caetani, la loro residenza di campagna utilizzata dal tardo autunno alla primavera; durante l’estate no, perché il rischio del contagio malarico era troppo grande. Alla fine del secolo, poi, fece realizzare il Casino inglese, che porta il segno inconfondibile del gusto di Ada. Esso per parecchi anni venne utilizzato per ospitare le famiglie contadine impegnate nei lavori stagionali della tenuta. Nello stesso periodo vennero costruite le residenze in muratura per i pescatori, che abbandonarono così le loro tradizionali capanne. Queste altre palazzine dinanzi a noi vennero invece realizzate nei primi decenni del Novecento, prima del 1916>.
Il borgo divenne il centro aziendale. Le attività principali erano la pesca e l’allevamento. I dipendenti erano più di cento. Quasi tutti venivano dalla Ciociaria e dai Lepini.
<Ada – racconta Lauro Marchetti – era uno spirito libero. Aveva una conversazione brillante, e conosceva parecchie lingue. Eccentrica ma semplice, era molto richiesta nei salotti romani. Insieme al marito fece diventare Fogliano uno splendido luogo di cultura, un punto di riferimento per intellettuali e artisti, e per gli amanti della natura.
Era una donna alla mano. Spesso qui organizzava la corsa dei sacchi, e anche lei partecipava. Era molto legata ai suoi dipendenti, che ricambiavano con affetto. Per tutti era ‘la duchessa’.
Ma la duchessa inglese – continua il direttore - era anche una vera imprenditrice. In breve tempo riuscì ad avviare, in questa tenuta e a Cisterna, un accurato allevamento di selezione equina. Partì da uno stallone irlandese, che fece incrociare con cavalle maremmane. Il risultato? Una nuova razza di cavalli, che avevano la forza e la resistenza dei maremmani e la bellezza dei purosangue. Ada li chiamò ninfini. Le parate a Roma si facevano con questi cavalli>.……Alcune grandi palme portano ancora i segni dei proiettili della seconda guerra mondiale.
Chiedo a Lauro di dirci come mai venne realizzato un giardino così esotico, per molti aspetti.
<Prova a immaginare com’era qui nella seconda metà dell’Ottocento – risponde -. Un mondo aspro e selvaggio. Quando Ada venne a conoscere Fogliano, fu presa dal fascino dei luoghi. Per lei fu come una avventura, una straordinaria avventura. E creò il giardino, con il suo bellissimo palmeto, e le erbe della Pampa, e le camelie, le rose antiche, e un’infinita varietà di fiori. E poi i pini, gli eucalipti, i lecci, e tante altre specie, esotiche e autoctone>.
Ecco Roberto. Apre il cancello. Entriamo.
Prendiamo il viale che corre accanto alla Villa, che appare sobria ed elegante nonostante le offese del tempo e dell’incuria.
<Se osservi bene – spiega Roberto Perticaroli - puoi riconoscere il Casino di caccia realizzato nel 1742 dal duca Michelangelo. Esso fu saldato alla Palazzina nel 1899 con un corpo di fabbrica edificato sulle rovine della chiesa medievale di S. Andrea (IX secolo).
Agli inizi del Novecento venne costruita una nuova chiesa, Santa Maria al canneto, che si trova laggiù, a sinistra, in fondo al viale>.
Prendiamo il viale, un bellissimo tunnel formato da lecci imponenti.
La chiesa, in stile neo romanico, è gradevole. Accanto ad essa puoi ammirare un bel boschetto di bambù, <l’antenato di quello di Ninfa>, ricorda Lauro Marchetti.
Torniamo indietro. Riprendiamo il sentiero che passa accanto alla Villa. Un vecchio pino, piegato, si appoggia pericolosamente sul fabbricato.
Una rotonda, con tre splendide palme, preannuncia il lungo viale di ingresso alla Villa.
Sopra l’arco di ingresso della Palazzina vi è una targa murata, scritta in latino. Ricorda che questa residenza venne realizzata da Onorato Caetani per sé, per la sua famiglia e per i suoi amici.
S’è fatto tardi, e Lauro Marchetti deve lasciarci. Ha un impegno urgente.
Giriamo intorno alla Villa. <Qui vicino – dice Perticaroli - c’era il frutteto. Vedi? Ci sono ancora alcune piante da frutto. Ma ora seguimi. Ti farò vedere una iscrizione romana di grande interesse>.
Entriamo nel soggiorno della Palazzina, a piano terra. Ci sono calcinacci dappertutto. Ci muoviamo con cautela. La stanza è spoglia. Il camino è elegante e austero. Sopra di esso, sulla parete, c’è una grande lastra di marmo.
<Si tratta di una iscrizione funebre – spiega Roberto -. Ricorda la vita, i titoli e gli onori di Iuliano Camenio, probabilmente nipote di Giuliano l’Apostata. Fu rinvenuta nel 1884 vicino a Rio Martino. Ada la volle nel soggiorno della Palazzina>.
Usciamo. Che splendidi viali accompagnati da pini domestici.
E cycas, piccole “palme” molto antiche. E palme nane. Ecco una araucaria, una vecchia magnolia, un leccio maestoso.
Decidiamo di andare verso il lago. L’ambiente appare sempre più esotico. Quante palme. <Ce ne sono di dodici tipi – afferma Roberto -. Guarda laggiù. In mezzo a tutta quella vegetazione si intravede una brahea dulcis, una palma rarissima>.
Dietro una curva appaiono alti cespugli di erbe della Pampa, che già avevo notato vicino all’imbarcadero.
Un’altra curva. Un pezzo di lago. Man mano che avanziamo il quadro si allarga. Improvviso appare un bellissimo viale di palme delle Canarie. Altre palme si vedono di fronte, oltre il lago, nel retro duna.
Ora in mezzo al giardino si apre un grande spiazzo, dove fino a pochi anni fa c’era un pioppo nero, che creava un effetto visivo e sonoro straordinario.
Siamo ormai sulla sponda del lago.
<A primavera – dice Roberto Perticaroli – qui fioriscono delle orchidee. Una straordinaria esplosione di colori>.
Torniamo indietro. E mi accorgo solo adesso che molte palme sono sistemate in forma circolare. Forse perché Ada Wilbrahn Crawford desiderava ricordare le oasi, e riprodurle scenograficamente.
<Vedi quella rosa antica all’angolo del Casino di caccia, di fronte al procoio? – dice Roberto – L’abbiamo piantata a maggio. E’ un simbolo. Della nostra volontà di far tornare le rose, e gli altri fiori. Come ai tempi di Ada>. "
Sabino Vona, "Da Artena a Formia", Edizione Novecento
Nella prefazione del libro leggiamo
“ Anni or sono, fra le carte di mio zio Angelo Celli 1 ho ritrovato il Diario di una fedele collaboratrice di lui: affido ora alla stampa le semplici, ma spesso interessanti pagine di questo diario, perché quelli che ancora non sanno possano conoscere e rivivere l’ardore, il sacrifizio, la fede, la lotta di un gruppo di “Uomini che non scompaiono” Maria Letizia Celli
1 Angelo Celli (1857-1914), definito dalla Enciclopedia Italiana come il più insigne degli igienisti dell’Ottocento, ponendolo a modello per quanti si occupano di sanità pubblica giacché seppe unire un lungo e appassionato magistero universitario, una vastissima e proficua attività di ricerca sulle più gravi patologie del tempo dando contributi decisivi alla conoscenza della eziologia della malaria e alla lotta antimalarica nell'Agro Romano allora largamente infestato, e si batté vittoriosamente per la distribuzione gratuita del "chinino di Stato.