Villa di Domiziano
All'interno della Riserva Naturale "Rovine di Circe", sulla sponda meridionale del Lago di Paola, in un area di circa 46 ettari, riemerge alla luce lo splendido complesso archeologico della Villa dell'Imperatore Domiziano (I sec. d.C.). La visita, di grande fascino e successo, è realizzata parte in barcone nel magico scenario del Lago di Paola e parte nell'ombroso sentiero naturale che raggiunge le possenti cisterne idriche, l'impianto balneare in cui, utilizzando una fantasiosa macchina del tempo, sarà possibile usufruire di tutti quei piacevoli servizi che l'Imperatore riservava per se e per i propri ospiti...
O bel clima di Formia, dolce lido
A te fuggendo le mura feroci
Di Marte e stanco morto le affannate
Cure lasciando un poco, a ogni altro loco
Ti preferisce Domizio Apollinare.
Tivoli bella della santa sposa,
I ritiri di Tuscolo e dell’Algido,
Preneste e Anzio gli piacciono meno;
Le carezze di Circe e la troiana
Gaeta, sui Liri Manca, la pura
Onda, piscina di Salmace, del Lucrino
Non così eccitano la sua nostalgia.
Là increspa i veli a Teti un ventolino;
Il mare non è mai morto, è calmo
Ma vivo e le barchette colorate
Si mena in groppa aiutato dalla brezza,
Così come a fanciulla timorosa
Della calura l’agitato lembo
Della porpora dà buona frescura.
La lenza non va in cerca della preda
In un golfo remoto: dall’alcova
E dal letto perfino tu la getti
E di lassù guardi il preso pesciolino
All’amo appeso. Quando la potenza
Di Eolo si avventa su Nereo,
La tavola, provvista, ride in faccia
Alle tempeste: il vivaio casalingo
È la pastura di spigole e rombi,
La tenera murena accorre al grido
Del pedagogo suo, il nomenclatore
Chiama il cefalo del suo cuore,
Le triglie anziane a un cenno vengon su.
Ma quando, Roma, di tali delizie
Permetti ch’egli goda? In tutt’un anno
Quanti giorni a Formia trascorsi
Spacciandosi dalle faccende cittadine?
Guardiani, amministratori,
O gente fortunata!
Tutto per il padrone è apparecchiato,
Goduto dalla sua masnada.
Ora più non dirai, Paola, al tuo sciocco
Marito quando correre vorrai
Dal tuo amante lontano, che ad Albano
Ti vuole all’alba Cesare o al Circeo.
Ha suonato abbastanza la canzone.
Puoi, con Nerva, in Penelope cambiarti
Ma contro quel prurito che vuoi farci
E la tua inclinazione inveterata?
Che farai, sventurata? Inventerai
Un’amica malata? Ma l’avrai
Incollato alla gonna il tuo consorte
Quando andrai da fratelli e padre e madre.
Quali macchine, astuta, muoverai?
Un’altra fella si direbbe isterica
E bisognosa di bagnar la fessa
Nell’acqua di Sinuessa.
Te mille volte meglio, Paola, che quando
Ti fai chiavare altrove,
A tuo marito ne dai le nuove.